Vaccinarsi allena il nostro sistema immunitario a combattere contro tutte le infezioni. Un principio che vale per diversi vaccini, tanto che sarebbe uno dei motivi per cui i bambini sono più protetti contro il Covid-19.
L’immunità innata, la prima linea di difesa del nostro organismo, ha un ruolo chiave nella resistenza ai patogeni. Risolve infatti il 90% dei problemi causati dal contatto con batteri e virus e si accompagna all’immunità adattiva, la nostra linea di difesa più specifica, che può essere stimolata e dunque potenziata con i vaccini. Oggi, tuttavia, si parte da una prospettiva nuova: sempre più dati ci dicono che anche il sistema immunitario innato può essere allenato. Una scoperta ancora più importante in epoca di convivenza con il Covid (SARS-CoV-2).
Per rinforzare le nostre difese, quindi, non servono integratori. Basta «fare le vaccinazioni raccomandate e seguire la formula 0-5-30». A dirlo è il ben noto Professor Alberto Mantovani, Direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University, nell’articolo uscito proprio in questi giorni e firmato insieme al collega olandese Mihai Netea, sul New England Journal of Medicine. Ma cosa significa la formula 0-5-30? Nulla di strano: 0 sigarette”, perché il fumo è un pessimo alleato, aumenta lo stato infiammatorio e disorienta il sistema immunitario. “5 porzioni di frutta e verdura al giorno”, perché il loro consumo è associato a protezione nei confronti di molte malattie legate al sistema immunitario e poi “30 minuti di moderata attività fisica”, perché molti dati mostrano che aiuta le nostre difese. Ultima cosa è il peso: l’eccesso di grasso e l’obesità in particolare disorientano il nostro sistema immunitario e sono un fattore di rischio morte dimostrato anche nel caso del Covid-19».
Mantovani, il ricercatore italiano più citato nella letteratura scientifica internazionale, è il primo ad aver osservato come «vaccinarsi può aumentare il tono di base dell’immunità innata, come in un allenamento». Ma cos’è l’immunità innata? Viene definita “innata”, perché non ha bisogno di aver incontrato un microbo specifico prima. Sono le cellule che danno il segnale di allarme ai direttori dell’orchestra immunologica che chiamiamo linfociti T.
La seconda linea di difesa, cioè il sistema immunitario che si manifesta con gli anticorpi, è dotato di “memoria”, mentre si credeva che l’immunità innata non lo fosse. Le osservazioni dei due studiosi hanno invece dimostrato che c’è una qualche forma di memoria anche nell’immunità innata, una memoria che preferiamo chiamare “allenamento”, una protezione che non riguarda solamente un virus, ma è più ampia.
Mantovani è stato intervistato dal Corriere della Sera e da altre testate per cercare di dare ai lettori una chiave corretta di quanto annunciato. Riportiamo qui sotto alcune domande rivolte al Professore utili alla comprensione del nesso tra sistema immunitario e vaccini e di come sia possibile sfatare il mito dei NO-VAX. Forse.
I vaccini in sostanza aiutano la prima linea di difesa a reagire meglio anche contro malattie contro cui non offrono protezione?
«Ci sono molti dati di ricerche e osservazioni cliniche che mostrano che alcuni vaccini danno una protezione (che nel gergo medico viene chiamata “agnostica”) contro altre malattie. Il vaccino per il quale i dati sono più forti, è quello contro la tubercolosi, che viene somministrato, ad esempio, anche in alcune aree di Londra. I dati dicono che le persone vaccinate sono protette da altre malattie infettive polmonari, ma non solo da queste. Non vuol dire che ci si debba vaccinare con il vaccino anti-tubercolotico da ora per proteggersi contro il Covid, perché attualmente mancano i risultati completi delle sperimentazioni in corso».
Succede anche per il vaccino contro l’influenza?
«Succede nel caso di quello contro il morbillo, che offre protezione contro altre infezioni, non in modo totale ma significativo. Sull’anti-influenzale i dati sono ancora incerti, ma in generale possiamo dire che c’è un motivo in più per vaccinarsi, cioè che molti vaccini (forse tutti) costituiscono un buon allenamento generale per la prima linea di difesa del sistema immunitario. Fare i vaccini raccomandati è una delle forme di allenamento del nostro sistema immunitario. E, anche se non ne abbiamo la prova, sospettiamo che sia questo uno dei motivi per cui bambini sono relativamente protetti contro il Covid-19, perché loro sistema immunitario è sottoposto a un allenamento ripetuto dal calendario vaccinale che va avanti fino all’età della pubertà».
Avere l’influenza favorisce il contagio da Covid?
«Abbiamo dati certi che suggeriscono che quando contraggo malattie infettive che si sovrappongono, le cose vanno peggio, poi sappiamo che quando abbiamo l’influenza le difese del sistema immunitario si abbassano».
Che cosa pensa dello stop al vaccino di Oxford?
«Sono cose che succedono quando la sperimentazione arriva a decine di migliaia di persone. Mi auguro che nel giro di una settimana o dieci giorni possano continuare. È anche rassicurante da un lato, perché non dobbiamo dimenticare che i vaccini che arriveranno al traguardo devono offrire il massimo di sicurezza ed efficacia. Le mie parole d’ordine sono “speranza”, perché i dati suggeriscono che questi vaccini possono attivare una risposta immunitaria, e “cautela”, perché bisogna ricordarsi che potrebbero essere somministrati a centinaia di milioni di persone. Gli stessi grandi produttori hanno rivolto un invito formale alle autorità regolatorie per non abbassare la guardia».
Una previsione su una data plausibile di arrivo del primo candidato vaccino?
«Dall’inizio dell’epidemia avevo parlato di 19-20 mesi, se fossimo stati fortunati. Sono stati fatti degli annunci che avremmo avuto un vaccino a settembre da somministrare al personale sanitario: sono sempre stato un po’ scettico su questi annunci».
C’è un modo per contrastare le idee degli anti-vaccinisti?
«Io cerco di attenermi alla regola delle “tre R”: il rispetto dei dati, il rispetto delle competenze (ad esempio io non commento le curve e i dati epidemiologici) e poi la responsabilità, quando faccio un’affermazione che non è basata sui dati, ad esempio che “il virus si è attenuato”, c’è un tema di responsabilità collettiva».