L’AIDS – Sindrome da Immunodeficienza Acquisita – è stata rilevata per la prima volta nell’estate del 1981. Il 5 giugno il Center for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta registrò casi sospetti in persone appartenenti a comunità di omosessuali di Los Angeles e New York. Per tale motivo, inizialmente, la stampa coniò il termine GRID (Gay-Related Immune Deficiency). Ma non durò molto: tale immunodeficienza non era limitata a quelle sole comunità, così venne introdotto nel luglio 1982 il termine AIDS e utilizzato come corretta definizione della malattia.
Il virus e la malattia sono spesso indicati insieme, come HIV/AIDS. In realtà contrarre il virus non vuol dire contrarre come diretta conseguenza la malattia. L’infezione da HIV può risultare per lungo tempo asintomatica e determinare la comparsa dell’AIDS solo dopo molti anni, qualora non venga trattata con le terapie farmacologiche oggi disponibili.
HIV, un caso sociale
Ancora oggi, l’infezione l’HIV e l’AIDS costituiscono un importante problema sanitario in molte parti del mondo, soprattutto nell’Africa Sub-Sahariana e nel Sud Est Asiatico. Dai dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, emerge che a livello globale il numero totale di persone viventi con HIV è di circa 37 milioni (dati a fine 2016). Nel dettaglio in Italia i dati epidemiologici elaborati dal Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità stimano la presenza di circa 130 mila persone con l’infezione da HIV.
L’infezione da HIV risente di ampie implicazioni sociali, psicologiche e culturali che ne condizionano lo screening e la gestione terapeutica, limitando i diritti e lo stile di vita delle persone interessate direttamente o indirettamente dall’infezione. È essenziale che tali implicazioni, e in maniera particolare i pregiudizi e lo stigma immotivato, siano specificamente affrontate e combattute mediante interventi diversificati e con l’integrazione di strategie e strumenti in grado di agire in profondità nell’ambito del contesto socio-culturale della popolazione.
HIV, da dove arrivi?
Il virus è estremamente labile in ambiente aperto, dove tende a inattivarsi nel giro di pochi minuti, e può essere trasmesso solo attraverso il contatto con le secrezioni genitali, il sangue e il latte materno.
L’infezione da HIV si trasmette per via sessuale, attraverso sangue infetto e per trasmissione verticale, ossia da madre a figlio.
In seguito al contagio, l’HIV si diffonde nell’organismo con una forma transitoria di infezione acuta che può risultare asintomatica o manifestarsi con sintomi aspecifici quali una leggera febbricola, debolezza, dolori muscolari e rigonfiamento delle ghiandole linfatiche per un periodo variabile tra le 3 e 6 settimane durante il quale si genera la risposta immunitaria in grado di controllare il virus. Tale risposta limita la replicazione del virus circolante, ma non viene totalmente eliminato e persiste nel tessuto linfatico dell’organismo (riserva virale) senza dare manifestazioni cliniche rilevanti per molti anni. In questo periodo, che può variare da pochi anni sino a 15/20 anni, il virus continua a replicarsi localmente nonostante il controllo da parte del sistema immunitario, che viene progressivamente indebolito anche perché il virus ne infetta e danneggia le cellule principali. Quando il sistema immunitario si indebolisce del tutto (immunodeficienza), non è più in grado di combattere la replicazione dell’HIV e di altri microrganismi patogeni quali batteri, virus e funghi.
Come si previene l’HIV
È proprio la prevenzione l’obiettivo della Giornata Mondiale della Lotta contro l’AIDS che tutti gli anni si reitera il 1° dicembre e che da qualche anno vede scendere in campo la Durex, marchio leader nel segmento, con campagne di sensibilizzazione sempre più nuove e social. L’iniziativa mira a informare, diffondere e coinvolgere l’intero pubblico, dai più giovani che necessitano di linee guida di protezione ed educazione sessuale, agli adulti che spesso adottano ancora comportamenti a rischio e si pongono come cattivo esempio per le nuove generazioni.
Da qui l’incentivo all’uso del preservativo maschile (Condom). Il preservativo deve essere integro (conservarlo lontano da fonti di calore), non scaduto e applicato per l’intero rapporto. Esiste anche una prevenzione post-esposizione che consiste nell’assunzione di farmaci contro l’HIV nei giorni immediatamente successivi ad un evento ad alto rischio di infezione, quali l’esposizione a sangue infetto (trasfusione, puntura accidentale) o rapporti sessuali penetrativi con persone HIV-positive o ad alto rischio di infezione, inclusi i casi di violenza sessuale. La terapia preventiva è efficace se iniziata entro le 48 ore successive e si basa sulla somministrazione di una combinazione di tre farmaci anti-retrovirali per un periodo di 4 settimane, sotto stretta osservazione da parte di personale medico qualificato.
Prevenzione e psicologia
Anche la psicologia sociale è intervenuta sul tema affermando che la modalità migliore per approcciare alla prevenzione sia un sostanziale cambiamento del comportamento e dello stile di vita. Studi suggeriscono che l’efficacia deriva da una serie di azioni preventive:
- fornire informazioni molto accurate sulla trasmissione dell’HIV;
- spiegare chiaramente quali sono i rischi per la persona (ad esempio, coloro che hanno molti partner sessuali corrono rischi maggiori;);
- identificare i segnali di situazioni ad alto rischio (ad esempio, il consumo di alcolici in una situazione sessualmente stimolante è associato ad un comportamento sessuale a più alto rischio);
- fornire istruzioni per l’uso corretto dei profilattici, includendo istruzioni su come “erotizzarne” l’uso (suggerendo modi nei quali il profilattico può essere vissuto come sessualmente eccitante);
- porre l’accento sul fatto che usare i profilattici dà alle persone un certo grado di controllo sulla loro salute;
- fornire un addestramento nelle abilità sociali che comprenda l’assertività sessuale (ad esempio, la capacità di resistere alle pressioni volte a ottenere un rapporto sessuale oppure quella di insistere con il partner perché si pratichi sesso sicuro) e altre competenze comunicative in grado di aiutare a preservare la relazione.
Purtroppo, però, spesso la conoscenza dei danni che qualcosa può procurare non è affatto una garanzia del fatto che si eviterà di mettere in atto proprio quel comportamento nocivo. Perché non è sufficiente informare le persone con chiarezza, soprattutto se è evidente che determinati comportamenti sono pericolosi? Molte persone, ad esempio, pur sapendo che l’uso del profilattico riduce notevolmente il rischio di contrarre l’HIV, spesso evitano di adoperarlo perché ricorda loro una malattia che vogliono tenere mentalmente lontana da sé oppure perché preferiscono non prendere in considerazione il problema quando stanno per avere un rapporto sessuale. Altri arrivano a convincersi che il loro sistema immunitario è sufficientemente forte da respingere il contagio. Pertanto è fondamentale sviluppare programmi di prevenzione che siano efficaci già tra gli adolescenti, i nuovi adulti di domani.